Attività e proposte del Gruppo Pensionati Caino "LA RODA" Codice Fiscale 98152000174
martedì 28 dicembre 2021
NON POTEVAMO ESCLUDERE IL PROGETTO DAL NOSTRO CALENDARIO
giovedì 11 novembre 2021
I PROGETTI MESSI IN CAMPO
Il progetto ha permesso di
raccogliere circa 1000 articoli usati dai nostri avi nelle varie attività, sia
domestiche che contadine o artigianali.
Gli articoli sono stati catalogati
per data di ricezione, condizione e nominativo del donatore.
Attualmente tutto è stato depositato
su scaffali offerti dalla “Cooperativa Futura” e dalla Parrocchia di Caino in
un’area messa a disposizione dal Comune.
La raccolta continua in attesa di
avere uno spazio maggiore dove allestire uno spaccato di una zona della casa o
di una attività (cucina, camera, stalla, ecc.).
Funerali calmierati
Contratto sottoscritto nel 2019 con tre imprese di Pompe Funebri (Vedi post precedenti). Abbiamo affidato all'Amministrazione Comunale la facoltà di rinnovare il contratto che scade ad aprile 2022.
Banca dei ricordi
È un progetto che si prefigge di
raccogliere documentazione storica cartacea di ogni tipo o recante notizie
utili da conservare.
Attualmente abbiamo a disposizione
giornali d’epoca e articoli su avvenimenti storici, raccolta di settimanali,
libri del primo novecento e altri documenti.
Sentiamoci
Da cinque anni manteniamo i contatti telefonici con i soci che per malattia o altro non possono frequentare le nostre attività. Durante le chiusure dovute alla pandemia abbiamo poi integrato questa attività con messaggi reciproci di Whatsapp stemperando così la solitudine e tutta la tristezza dei soci in quei momenti.
Stampe e pubblicazioni
Per i soci è
stato pubblicato “Diario Röda”, “Per mia desmentegà” e un libretto, “Uomini,
ominicchi e quaquaraquà”.
Il
tradizionale foglio A4 è stato sostituito da
“La Us” notiziario periodico. La raccolta di questi notiziari è
confluita in tre libri: US 1 – US 2 – US 3.
Ora è in
preparazione di stampa il dizionario nuovo “Per mia desmentegà” che ha
ampiamente integrato e modificato quello precedente, con la forma italiano-dialetto
e dialetto-italiano.
Fondo di solidarietà
Il Gruppo Pensionati Caino gestisce il Fondo Amici della Röda che ogni anno eroga un piccolo contributo a persone sole che ne hanno bisogno.
Purtroppo per poter conoscere i
soggetti in difficoltà non abbiamo altro mezzo che il nostro orecchio, poiché
la difesa della privacy ci impedisce ogni altra strada.
Le nostre contrade
Attualmente siamo
impegnati nella raccolta di informazioni sulla conformazione delle contrade di
Caino individuando le famiglie che vi hanno dimorato.
giovedì 11 marzo 2021
LA CONTRADA DEL FOLLO E LA SUA CHIESETTA
Il
termine follo, come è noto a tutti, ha a che fare con la lavorazione della
carta, con le cartiere. Follo deriva dal tedesco Fol o dal gotico Fulls. Fullen
significa riempire e fulà, in dialetto, indica calcare, pigiare. Per la
lavorazione della carta nei secoli scorsi la materia prima era rappresentata dagli
stracci che venivano pigiati e pestati, messi a macerare in vasche piene d’acqua.
Ancora
oggi sulle carte topografiche, la nostra contrada è indicata come “Follo
Scanzi” dal nome della famiglia nobile che vi abitava.
Alcune
informazioni sugli Scanzi sono fornite da un cronista del ‘500, Pandolfo
Massino, che scrisse appunti sulle famiglie più in vista del tempo, appunti per
la verità pieni di rabbia e acredine.
Gli
Scanzi erano nobili e facevano parte del Consiglio di Brescia. Gli statuti del
tempo impedivano ai componenti il Consiglio di esercitare “arti meccaniche”
o “la mercanzia”, sembra invece che gli Scanzi, in barba agli statuti, oltre
che produrre carta, avessero anche una bottega sul Corso.
Scrive
Massino: “… vennero da Scanzo terra bergamasca, di quali n’è venuto ser Zoan
Battista Scanzo che tolse la figliola di meser Antonio Lana, et per ditta
parentela fo fatto dè Consilio de Bressa, ma mi Pandolfo Massino li ho visti a
vendere papero et sulla sua botega haverghe de Rasi Todeschi et Candelieri et
Bazine et cose mercantiali da vendere.
Questa
città va de mal en peggio. Hamo tolto (tollerato) bastardi e figlioli de
monache et homicidiari et botigeri, hosteri, soyari, confetori, barberi,
parolari et assai altri generationi de artisti ed anche de sodomiti che fanno
banditi per sodomia, et di ladri quali son banditi; ma per sette e pratiche
fanno ogni cosa”.
In
una polizza d’estimo dell’anno 1490, G.B. Scanzi (lo stesso citato dal Massino)
dichiara di aver casa sul Corso e di gestire una cartiera in Caino. Nel 1540,
Orazio Scanzi ha ancora una cartiera ed inoltre una fucina per la
lavorazione del ferro.
Nel
1601, Camilla Scanzi vedova Comotti, lasciò 200 lire planet alla Parrocchia
costituendo una capellania, la capellania Comotti all’altare di S. Rocco, per
la celebrazione di una Messa quotidiana.
Verso
la fine del ‘600 gli Scanzi, che abitavano a Brescia in Via S, Chiara al numero
14, vendettero le proprietà in Brescia, Nave, Collebeato ai nobili Serina ed
affittarono la cartiera di Caino per Lire 198 annue. Agli Scanzi subentrarono i
Brozzoni che si stabilirono a Caino agli inizi del 1700 e continuarono la
lavorazione della carta.
Che
fosse una famiglia agiata e rinomata è dimostrato anche dal fatto che fornì tre
sacerdoti, don Biagio (prete in Caino dal 1760 al 1779), don Giacomo (arciprete
del paese nel 1800) e don Angelo (coadiutore dal 1826 al 1865). Di
quest’ultimo, un quadro conservato nella sacrestia della chiesa parrocchiale,
ci informa che nacque nel 1802 e che in seguito fu vicario foraneo a Preseglie.
G.B.
Brozzoni intorno al 1730 fece costruire la chiesetta del Follo dedicandola al
santo del suo nome. Morì nel 1775 e vi fu sepolto. Sulla sua tomba è scritto:
“IC IACENT OSSA JOANNIS BROZZONI OBIT DIE XXIII IULII 1775”.
In
una relazione del 1734 in occasione della visita del cardinale Angelo Maria
Querini, il rettore don Giuseppe Ghedi ancora non accenna alla chiesetta di S.
Giovanni Battista. Probabilmente fu edificata in seguito, forse proprio da quel
Giovanni Brozzoni che là è sepolto e dedicata al suo Santo.
In realtà la chiesina è dedicata a due santi e all’interno
sono esposti due quadri: quello sull’altare rappresenta S. Giovanni Battista,
l’altro S. Antonio Abate.
Vi è anche una scultura di Tarcisio Bertoli, per la
verità di non grande interesse. Si tratta di un primo studio eseguito nel 1936
della Pietà per il santuario della Madonna delle Fontane. E’ collocata a
ridosso della parete in sostituzione di un vecchio arazzo consunto.
Sui muri vicini sono visibili due dipinti che
rappresentano la Fuga in Egitto e la Deposizione. Si tratta, di opere di
pregevole fattura, purtroppo assai deteriorate.
Alla
chiesetta vi si reca per la celebrazione della Messa il 24 giugno, S. Giovanni
Battista e il 17 gennaio, S. Antonio Abate la cui devozione si deve anche a una
particolare leggenda.
Ora
la cartiera originale è stata completamente trasformata, mentre quella sorta
successivamente, nell’ambito della famiglia Comini, è ridotta in rovina.
L’APPARIZIONE
DI S. ANTONIO
Quel
pomeriggio, quando l’incendio divampò, il Follo era deserto. Era Domenica
infatti e gli operai della cartiera non lavoravano. Anche i contadini che da
poco avevano portato al sicuro l’ultimo carro di fieno erano andati in paese
per le sacre funzioni e per qualche ora di svago. Il fuoco che a lungo aveva
covato sotto gli stracci e la carta, guizzò improvviso, si allungò rapidamente
e, favorito da sterpi disseccati, si preparò ad assalire la colombaia. In quei
mesi l’erba era cresciuta abbondante e c’era fieno in ogni angolo. Anche sotto
il tetto della chiesetta di S. Giovanni Battista era stato ricavato un fienile
che, ricolmo e aperto, spandeva per strada un intenso profumo.
Unico
presente al Follo era un certo Batistì, rimasto suo malgrado. Quel giorno
infatti aveva mangiato come non ricordava da anni e naturalmente alzato un po’
il gomito, e sonnecchiava piacevolmente al fresco sulla loggia mentre fuori il
sole di luglio arroventava la strada.
Quando
tra un pisolino e l’altro alzò la testa dal tavolo non colse immediatamente la
stranezza di ciò che vide: un fraticello passeggiava tranquillamente sul tetto
della chiesa, vestito di saio, col cordone bianco ai fianchi e un breviario
aperto fra le mani. Ci volle un certo tempo perché la mente annebbiata di
Batistì afferrasse l’eccezionalità della cosa. Balzò dalla sedia facendosi il
segno di Croce: mai più avrebbe ecceduto con il vino in avvenire! Ma il
fraticello era sempre lì, sul tetto, che passeggiava avanti e indietro. Anche
Batistì, quasi inconsciamente, fece qualche passo sulla loggia per seguirne i
movimenti. Fu allora che, completamente sveglio, percepì l’odore acre del fumo
e vide il Follo circondato dalle fiamme. Si precipitò di sotto rotolando per
l’ultima rampa di scale e piombando in cortile in una nuvola di polvere. Si
attaccò alla campana suonando come un disperato.
In
paese gli uomini si guardarono scambiandosi una muta domanda, poi il fumo che
si levava rese evidente la natura di quel messaggio. Accorsero in molti e tutti
furono testimoni di quel fatto miracoloso: il fuoco aveva stretto in un cerchio
la chiesetta ma le fiamme si innalzavano dritte verso il cielo, quasi non
volessero toccare le pareti del sacro luogo.
Neppure
una scintilla era caduta sul fienile, miracolosamente intatto. Era come se il
piccolo frate che ancora sul tetto pregava, avesse steso intorno un’invisibile
barriera contro il fuoco.
Quando
il primo secchio d’acqua, passando di mano in mano attraverso una catena che
arrivava dal Garza fu rovesciato per fermare l’incendio, il frate scomparve: la
sua missione era finita.
Per
molte ore gli uomini lottarono, ma alla fine ebbero ragione delle fiamme. La
cartiera e la colombaia avevano subito danni, ma non irreparabili ed erano
salvi il lavoro e la fatica di tanta gente. Anche il raccolto fu in gran parte
salvato.
I
dipinti del Follo furono in quell’occasione parzialmente rovinati, ma la chiesa
non aveva subito il minimo danno. Tutto questo, si convenne, grazie al
fraticello che aveva dato l’allarme a Batistì e protetto la casa del Signore.
La
gente vide nell’umile frate S. Antonio in persona e per riconoscenza la
chiesetta del Follo venne dedicata anche a S. Antonio Abate, considerato
patrono dei cartai e dei contadini. Un quadro che lo rappresenta fu
commissionato dagli abitanti della contrada come ringraziamento e ricordo
dell’avvenimento.
Leggende e storie di Caino
Commissione Biblioteca Caino – 1979
F. Gatelli Dicembre 1985
Bollettino parrocchiale 1999