giovedì 11 novembre 2021

I PROGETTI MESSI IN CAMPO

QUALCOSA ABBIAMO FATTO
 
Oggetti antichi

                                                                                       

Il progetto ha permesso di raccogliere circa 1000 articoli usati dai nostri avi nelle varie attività, sia domestiche che contadine o artigianali.

Gli articoli sono stati catalogati per data di ricezione, condizione e nominativo del donatore.

Attualmente tutto è stato depositato su scaffali offerti dalla “Cooperativa Futura” e dalla Parrocchia di Caino in un’area messa a disposizione dal Comune.

La raccolta continua in attesa di avere uno spazio maggiore dove allestire uno spaccato di una zona della casa o di una attività (cucina, camera, stalla, ecc.).

 

Funerali calmierati

Contratto sottoscritto nel 2019 con tre imprese di Pompe Funebri (Vedi post precedenti). Abbiamo affidato all'Amministrazione Comunale la facoltà di rinnovare il contratto che scade ad aprile 2022.


Banca dei ricordi



È un progetto che si prefigge di raccogliere documentazione storica cartacea di ogni tipo o recante notizie utili da conservare.

Attualmente abbiamo a disposizione giornali d’epoca e articoli su avvenimenti storici, raccolta di settimanali, libri del primo novecento e altri documenti.

 

 

Sentiamoci


Da cinque anni manteniamo i contatti telefonici con i soci che per malattia o altro non possono frequentare le nostre attività. Durante le chiusure dovute alla pandemia abbiamo poi integrato questa attività con messaggi reciproci di Whatsapp stemperando così la solitudine e tutta la tristezza dei soci in quei momenti.

 

Stampe e pubblicazioni



Per i soci è stato pubblicato “Diario Röda”, “Per mia desmentegà” e un libretto, “Uomini, ominicchi e quaquaraquà”.

Il tradizionale foglio A4 è stato sostituito da  “La Us” notiziario periodico. La raccolta di questi notiziari è confluita in tre libri: US 1 – US 2 – US 3.

Ora è in preparazione di stampa il dizionario nuovo “Per mia desmentegà” che ha ampiamente integrato e modificato quello precedente, con la forma italiano-dialetto e dialetto-italiano.

 

Fondo di solidarietà


Il Gruppo Pensionati Caino gestisce il Fondo Amici della Röda che ogni anno eroga un piccolo contributo a persone sole che ne hanno bisogno.

Purtroppo per poter conoscere i soggetti in difficoltà non abbiamo altro mezzo che il nostro orecchio, poiché la difesa della privacy ci impedisce ogni altra strada.

 

Le nostre contrade



Attualmente siamo impegnati nella raccolta di informazioni sulla conformazione delle contrade di Caino individuando le famiglie che vi hanno dimorato.

 



giovedì 11 marzo 2021

LA CONTRADA DEL FOLLO E LA SUA CHIESETTA

 

Il termine follo, come è noto a tutti, ha a che fare con la lavorazione della carta, con le cartiere. Follo deriva dal tedesco Fol o dal gotico Fulls. Fullen significa riempire e fulà, in dialetto, indica calcare, pigiare. Per la lavorazione della carta nei secoli scorsi la materia prima era rappresentata dagli stracci che venivano pigiati e pestati, messi a macerare in vasche piene d’acqua.

Ancora oggi sulle carte topografiche, la nostra contrada è indicata come “Follo Scanzi” dal nome della famiglia nobile che vi abitava.

Alcune informazioni sugli Scanzi sono fornite da un cronista del ‘500, Pandolfo Massino, che scrisse appunti sulle famiglie più in vista del tempo, appunti per la verità pieni di rabbia e acredine.

Gli Scanzi erano nobili e facevano parte del Consiglio di Brescia. Gli statuti del tempo impedivano ai componenti il Consiglio di esercitare “arti meccaniche” o “la mercanzia”, sembra invece che gli Scanzi, in barba agli statuti, oltre che produrre carta, avessero anche una bottega sul Corso.

Scrive Massino: “… vennero da Scanzo terra bergamasca, di quali n’è venuto ser Zoan Battista Scanzo che tolse la figliola di meser Antonio Lana, et per ditta parentela fo fatto dè Consilio de Bressa, ma mi Pandolfo Massino li ho visti a vendere papero et sulla sua botega haverghe de Rasi Todeschi et Candelieri et Bazine et cose mercantiali da vendere.

Questa città va de mal en peggio. Hamo tolto (tollerato) bastardi e figlioli de monache et homicidiari et botigeri, hosteri, soyari, confetori, barberi, parolari et assai altri generationi de artisti ed anche de sodomiti che fanno banditi per sodomia, et di ladri quali son banditi; ma per sette e pratiche fanno ogni cosa”.

In una polizza d’estimo dell’anno 1490, G.B. Scanzi (lo stesso citato dal Massino) dichiara di aver casa sul Corso e di gestire una cartiera in Caino. Nel 1540, Orazio Scanzi ha ancora una cartiera ed inoltre una fucina per la lavorazione del ferro.

Nel 1601, Camilla Scanzi vedova Comotti, lasciò 200 lire planet alla Parrocchia costituendo una capellania, la capellania Comotti all’altare di S. Rocco, per la celebrazione di una Messa quotidiana.

Verso la fine del ‘600 gli Scanzi, che abitavano a Brescia in Via S, Chiara al numero 14, vendettero le proprietà in Brescia, Nave, Collebeato ai nobili Serina ed affittarono la cartiera di Caino per Lire 198 annue. Agli Scanzi subentrarono i Brozzoni che si stabilirono a Caino agli inizi del 1700 e continuarono la lavorazione della carta.

Che fosse una famiglia agiata e rinomata è dimostrato anche dal fatto che fornì tre sacerdoti, don Biagio (prete in Caino dal 1760 al 1779), don Giacomo (arciprete del paese nel 1800) e don Angelo (coadiutore dal 1826 al 1865). Di quest’ultimo, un quadro conservato nella sacrestia della chiesa parrocchiale, ci informa che nacque nel 1802 e che in seguito fu vicario foraneo a Preseglie.

G.B. Brozzoni intorno al 1730 fece costruire la chiesetta del Follo dedicandola al santo del suo nome. Morì nel 1775 e vi fu sepolto. Sulla sua tomba è scritto: “IC IACENT OSSA JOANNIS BROZZONI OBIT DIE XXIII IULII 1775”.

In una relazione del 1734 in occasione della visita del cardinale Angelo Maria Querini, il rettore don Giuseppe Ghedi ancora non accenna alla chiesetta di S. Giovanni Battista. Probabilmente fu edificata in seguito, forse proprio da quel Giovanni Brozzoni che là è sepolto e dedicata al suo Santo.

In realtà la chiesina è dedicata a due santi e all’interno sono esposti due quadri: quello sull’altare rappresenta S. Giovanni Battista, l’altro S. Antonio Abate.

Vi è anche una scultura di Tarcisio Bertoli, per la verità di non grande interesse. Si tratta di un primo studio eseguito nel 1936 della Pietà per il santuario della Madonna delle Fontane. E’ collocata a ridosso della parete in sostituzione di un vecchio arazzo consunto.

Sui muri vicini sono visibili due dipinti che rappresentano la Fuga in Egitto e la Deposizione. Si tratta, di opere di pregevole fattura, purtroppo assai deteriorate.

Alla chiesetta vi si reca per la celebrazione della Messa il 24 giugno, S. Giovanni Battista e il 17 gennaio, S. Antonio Abate la cui devozione si deve anche a una particolare leggenda.

Ora la cartiera originale è stata completamente trasformata, mentre quella sorta successivamente, nell’ambito della famiglia Comini, è ridotta in rovina.

 

L’APPARIZIONE DI S. ANTONIO

Quel pomeriggio, quando l’incendio divampò, il Follo era deserto. Era Domenica infatti e gli operai della cartiera non lavoravano. Anche i contadini che da poco avevano portato al sicuro l’ultimo carro di fieno erano andati in paese per le sacre funzioni e per qualche ora di svago. Il fuoco che a lungo aveva covato sotto gli stracci e la carta, guizzò improvviso, si allungò rapidamente e, favorito da sterpi disseccati, si preparò ad assalire la colombaia. In quei mesi l’erba era cresciuta abbondante e c’era fieno in ogni angolo. Anche sotto il tetto della chiesetta di S. Giovanni Battista era stato ricavato un fienile che, ricolmo e aperto, spandeva per strada un intenso profumo.

Unico presente al Follo era un certo Batistì, rimasto suo malgrado. Quel giorno infatti aveva mangiato come non ricordava da anni e naturalmente alzato un po’ il gomito, e sonnecchiava piacevolmente al fresco sulla loggia mentre fuori il sole di luglio arroventava la strada.

Quando tra un pisolino e l’altro alzò la testa dal tavolo non colse immediatamente la stranezza di ciò che vide: un fraticello passeggiava tranquillamente sul tetto della chiesa, vestito di saio, col cordone bianco ai fianchi e un breviario aperto fra le mani. Ci volle un certo tempo perché la mente annebbiata di Batistì afferrasse l’eccezionalità della cosa. Balzò dalla sedia facendosi il segno di Croce: mai più avrebbe ecceduto con il vino in avvenire! Ma il fraticello era sempre lì, sul tetto, che passeggiava avanti e indietro. Anche Batistì, quasi inconsciamente, fece qualche passo sulla loggia per seguirne i movimenti. Fu allora che, completamente sveglio, percepì l’odore acre del fumo e vide il Follo circondato dalle fiamme. Si precipitò di sotto rotolando per l’ultima rampa di scale e piombando in cortile in una nuvola di polvere. Si attaccò alla campana suonando come un disperato.

In paese gli uomini si guardarono scambiandosi una muta domanda, poi il fumo che si levava rese evidente la natura di quel messaggio. Accorsero in molti e tutti furono testimoni di quel fatto miracoloso: il fuoco aveva stretto in un cerchio la chiesetta ma le fiamme si innalzavano dritte verso il cielo, quasi non volessero toccare le pareti del sacro luogo.

Neppure una scintilla era caduta sul fienile, miracolosamente intatto. Era come se il piccolo frate che ancora sul tetto pregava, avesse steso intorno un’invisibile barriera contro il fuoco.

Quando il primo secchio d’acqua, passando di mano in mano attraverso una catena che arrivava dal Garza fu rovesciato per fermare l’incendio, il frate scomparve: la sua missione era finita.

Per molte ore gli uomini lottarono, ma alla fine ebbero ragione delle fiamme. La cartiera e la colombaia avevano subito danni, ma non irreparabili ed erano salvi il lavoro e la fatica di tanta gente. Anche il raccolto fu in gran parte salvato.

I dipinti del Follo furono in quell’occasione parzialmente rovinati, ma la chiesa non aveva subito il minimo danno. Tutto questo, si convenne, grazie al fraticello che aveva dato l’allarme a Batistì e protetto la casa del Signore.

La gente vide nell’umile frate S. Antonio in persona e per riconoscenza la chiesetta del Follo venne dedicata anche a S. Antonio Abate, considerato patrono dei cartai e dei contadini. Un quadro che lo rappresenta fu commissionato dagli abitanti della contrada come ringraziamento e ricordo dell’avvenimento.

 

Leggende e storie di Caino

Commissione Biblioteca Caino – 1979

F. Gatelli Dicembre 1985

Bollettino parrocchiale 1999